La diversità e il senso comune

In riferimento a tutte le maggiori discriminazioni razziali, sessuali e di costume, nelle quali la differenza è intesa rispetto all’idealtipo utile al sistema, la convenienza alla normalizzazione emerge dall’esame dei vari atteggiamenti che il senso comune può assumere su questo tema, secondo la seguente sequenza:

1. Il diverso suscita curiosità. L’atteggiamento è ludico-conoscitivo; ricordiamo il motto: populus rerum novarum cupidus.

2. Fase interlocutoria del sospettto. Il senso comune associa il nuovo ai nuovi problemi che complicano la realizzazione dei progetti. Es.: l’immigrato viene associato alla micorcriminalità.

2.1. Il sospetto viene dissipato. Il possibile danno sembra inferiore ai vantaggi che il senso comune ricava da una disposizione d’animo benevola, che può presentare varie sfaccettature:

2.1.1. Simpatia per il diverso in quanto affine. La diversità spesso può riguardare, come in questo caso, fattori che non incidono sul progetto vocazionale (orientamento sessuale, fisiognomica). La presa di coscienza di tale irrilevanza dissolve il sospetto (2.), risolvendolo in simpatia.

2.1.2. Simpatia per il diverso in quanto tale. Esiste qui una volontà di assomigliare all’anomalo, per insoddisfazione del proprio genere di omologazione o per riconoscimento della maggior forza contenuta in una differenza: si produce una normalizzazione in senso contrario a quella del sistema.

2.1.3. Tolleranza per il diverso in quanto essere umano. Se esistesse simpatia si ricadrebbe in uno dei due casi precedenti. Qui invece la diversità procura disagi che vengono tollerati, dunque non amati, in nome di un ideale superiore. La mia lettura interpreta tale comportamento più precisamente come sacrificio o subordinazione del fine individuale a un più vasto progetto comune, di cui i tolleranti acquistano consapevolezza.

2.1.4. Simpatia per il diverso in quanto utile. E’ indubbiamente l’ipotesi auspicata e favorita dal sistema. In base ad essa la differenza viene analizzata e suddivisa secondo gli aspetti utili o inutili. La parte produttiva viene impiegata, i fattori dannosi vengono neutralizzati tramite la normalizzazione.

In alternativa al (2.1) il sospetto può trovare conferma e consolidarsi in atteggiamenti ostili così suddivisi:

2.2.1. Antipatia per il diverso in quanto nocivo. L’ostilità non coinvolge la diversità nella sua interezza, ma solo i fattori che nuocciono al progetto vocazionale. Se non che, anche per gli altri fattori non emerge alcun giudizio di utilità. L’inutile e lo strano vengono dunque percepiti come minaccia potenziale accanto alla minaccia effettiva costituita dal danno. Risultato di tale ostilità è il tentativo di isolare il diverso impedendogli la partecipazione al processo produttivo.

2.2.2. Antipatia per il diverso in quanto tale. Il fatto stesso della diversità viene interpretato con un pregiudizio come minaccia per i progetti individuali e comuni; occorre qui distinguere due ulteriori casi.

2.2.2.1. Nel diverso non si ravvisa alcuna utilità. L’atteggiamento diventa persecutorio e mira alla eliminazione dell’anomalo percepito come nemico.

2.2.2.2. Emergono aspetti utili, tuttavia i fattori dannosi sembrano prevalenti e non appaiono risolvibili mediante la normalizzazione. La conseguenza di tale mentalità è lo sfruttamento del diverso.

Avendo cercato di enumerare i vari atteggiamenti del senso comune verso il fenomeno della diversità, non mi risulta facile, ma nemmeno utile dimostrare secondo logica perché convenga al sistema la politica della sostanziale normalizzazione (2.1.4) , senza escludere formali o falsi atteggiamenti di tolleranza (2.1.3) e di contro-omologazione (2.1.2). Dai ragionamenti fatti in precedenza s’intuisce però facilmente che il mondo v.i.p. è portato per natura a privilegiare tra le varie strategie quelle che, a parità di risultati, non intacchino la popolarità degli strateghi. Oggigiorno è evidente che i discorsi benevoli sono di gran lunga più popolari dei discorsi bellicosi ed è parimenti evidente che la normalizzazione presenta, rispetto a ogni forma di emarginazione e di razzismo, costi e controindicazioni inferiori.