La televisione

Sviluppando la teoria del mondo v.i.p., mi accorgo di provare disappunto, quando invece dovrei rallegrarmi. Poichè la mia visione è fondata sulla importanza e sullo sviluppo delle vocazioni, non dovrei né stupirmi, né indignarmi per il fatto che siano i forti a stabilire la forza o debolezza dei progetti, né che esista, come in ogni organizzazione, una gerarchia e una diversa qualificazione delle mansioni, tanto più che i diversi ruoli rispecchiano la diversità delle attitudini e dei caratteri dominanti. Se esamino la natura di questa mia indignazione, trovo immediatamente che essa non è viscerale, né rivolta agli egemoni in quanto tali, ma in quanto indegni di rivestire il loro ruolo. Di tale indegnità esiste una spiegazione immediata: il mondo v.i.p., strumento inconsapevole di un progetto molto più grande del suo, ha eletto a giudice del successo un mezzo di comunicazione tanto progredito sul piano tecnologico, quanto inadeguato sul piano etico e teoretico: la televisione. Delle numerose conseguenze che l’assuefazione a tale mezzo, e ai suoi accessori vecchi e nuovi, come il registratore e il televideo, provoca sulle coscienze individuali, voglio elencare solo le più rilevanti ai miei fini:

  • tempo libero. La televisione con la sua comodità tende a monopolizzare ore giornaliere, che potrebbero essere spese a sviluppare abilità manuali o cognizioni di vario genere. Per le caratteristiche passive della fruizione, anche le nozioni culturali ottenute attraverso il mezzo televisivo non sembrano utili e durevoli come quelle che si otterrebbero, in pari tempo, dal mondo reale. Dal mio punto di vista i progetti vocazionali trarrebbero giovamento da un diverso impiego del tempo libero.
  • Bidimensionalità. Sostituendo a quella tridimensionale una nuova realtà bidimensionale, il mezzo tende a formare opinioni fondate su quest’ultima. Tali opinioni tendono ad associare il rilievo sociale o l’autorevolezza di un personaggio alla presenza televisiva e allo spazio che gli viene concesso. Il fenomeno è negativo sotto un duplice aspetto: in primis perché ostacola le vocazioni fornendo modelli devianti del successo, in secundis perché di fatto autorizza a salire in cattedra, anche come giudici del successo altrui, individui non qualificati.
  • Intercambiabilità. Consapevoli di formare le coscienze, da qualche tempo i protagonisti della televisione considerano le loro prestazioni specifiche solo come pretesto per imporre le loro idee generali. Anche la ripartizione degli spazi, affidata ai dirigenti delle aziende di comunicazione, avviene sempre meno sulla base della chiara fama o della eccellenza professionale, per basarsi invece su un’unica qualità richiesta: la capacità di produrre ascolto. Questo aspetto del fenomeno tende a promuovere individui superficiali, brillanti ed eclettici, che tendono a moltiplicarsi, aprendo la strada ai propri alter ego. La strada della specializzazione, che sembra quella più proficua per il progresso, soffre qui di una eccezione patologica, non giustificata che dal denaro.
  • All’occhio e nella mente del fruitore le vocazioni stesse vengono a collocarsi secondo una gerarchia ludico-sovversiva, che fa contare il conduttore più del cantante, la fotomodella più del giornalista, il comico più del politico, il sosia-imitatore più del personaggio reale. Tale bizzarra gerarchia produce confusioni ed effetti devastanti sul senso comune.

Ben lontano da tale concezione, rimpiango, forse ingenuamente, gerarchie di autorevolezza fondate su criteri aristotelici. La mia mentalità, che collega l’evoluzione a un progresso nelle scienze non libero, ma sottomesso a una nuova cultura, vorrebbe che anche il mezzo più potente della tecnologia fosse presidiato da essa. Ma non posso trascurare una diversa interpretazione del fenomeno televisivo: la mediocrità delle prestazioni e la speculare mediocrità incoraggiata negli spettatori sarebbero conseguenza non soltanto di fattori economici, ma rientrerebbero in un ampio disegno strategico della classe v.i.p. Creando un’opinione standardizzata, epurata da tutti i fattori di diversità e privata di sostanziale capacità critica, il sistema si garantisce le condizioni ideali per controllare ogni tipo di fenomeno dall’immigrazione, alla tossicodipendenza, al disagio sociale, senza mettere in discussione la propria sopravvivenza. La televisione oggi e forse il computer domani avrebbero, tra i loro molteplici impieghi, quello fondamentale di impedire alle masse la piena consapevolezza dei veri fini dell’apparato per riservarla a una ristretta oligarchia, di cui il mondo v.i.p. sarebbe solo la propagine più visibile. Almeno per il momento, dunque, il presidio della televisione da parte della scienza e della cultura sarebbe inopportuno, imponendosi come più efficaci altre strategie.