Televip

La televisione, con la sua capacità di catturare l’attenzione, tende a condizionare l’individuo in senso passivo, monopolizzandone il tempo libero e contribuendo a ridurre i suoi talenti e le sue abilità; ciò vale evidentemente per l’individuo-spettatore, non per l’individuo-protagonista, che ne sviluppa e coltiva di nuovi. Al pari di altri strumenti della tecnica più o meno complementari ad essa, la t. non si pone alcun limite etico, per cui il fenomeno esposto viene ad avere un impatto sempre più vistoso sulla composizione delle classi sociali e sulla natura del loro conflitto. Essa, infatti, diffondendo l’opinione che l’autorevolezza della persona sia misurabile in funzione delle presenze televisive, ha ormai abituato il senso comune a distinguere e a discriminare tra due nuove categorie sociali: coloro che fanno la televisione (v.i.p.) e che perciò contano come individui e coloro che la guardano (n.i.p.) e che perciò non contano, se non come numero nel computo dell’audience. Addirittura si assiste ultimamente a un rovesciamento dei criteri di giudizio: non è più l’autorevolezza nel campo disciplinare specifico a ottenere la presenza in televisione come pubblico riconoscimento, ma è al contrario l’autorevolezza acquisita in televisione (per il solo fatto di comparirvi) a consentire l’invadenza dei più variegati personaggi con vocazione all’eclettismo in ogni materia d’opinione, con sconfinamenti in ogni campo dello scibile.