Cristianesimo e contraddizione

Il cristianesimo, proprio come il calcio, che non a caso si gioca nelle parrocchie, è un argomento sul quale tutti noi italiani possiamo a buon diritto esprimere opinioni, perché ci è stato propinato a massicce dosi sin dall’infanzia. A uno sguardo attento la dottrina cristiana presenta immediatamente due aspetti distinti: uno negativo, legato al peccato, all’astensione da esso e più in generale al rapporto con se stessi come individui e uno positivo, legato alla carità e al rapporto con gli altri. Sotto il primo aspetto, la contraddizione fondamentale, che emerge, è data dalla pretesa di ottenere il massimo rispetto per il corpo (tempio di Dio) attraverso la mortificazione di esso (digiuno, veglia, duro lavoro, repressione della pulsioni materiali). A tale contraddizione e ai comandamenti-precetti, che ne derivano, il cristianesimo ha risposto lasciando sussitere il peccato come irreversibile, intoglibile o, meglio ancora, come sistemico. Sempre sotto il primo aspetto, cioè, il cristianesimo non può sussitere senza il peccato, che ne è una componente fondamentale. Sotto il secondo aspetto, ugualmente fondamentale e sempre più importante nella modernità attuale, occorre che le pulsioni caritatevoli generate dalla fede abbiano un destinatario, cioè il povero, il debole, il bisognoso, l’infermo, etc. Emerge dunque, sotto questo secondo aspetto, la contraddizione di dovere risolvere i problemi della miseria, malattia, fame in modo non mai definitivo. E ciò per due motivi: il primo, d’ordine logico, che l’azione caritatevole, cioè altruista, deve necessariamente muovere dal bisogno  e verso il bisogno; il secondo, d’ordine psicologico, che il cristianesimo non può vedere con occhio favorevole una società soddisfatta e opulenta, nella quale sarebbe difficile sottostare e ottemperare al comandamento sotteso dal primo aspetto, quello negativo.

I due aspetti indicati del cristianesimo, al di fuori dei quali non credo che rimanga molto da dire, nel senso che tutti i possibili pensieri e comportamenti del cristiano sembrano dover ricadere sempre sotto di essi, sono perfettamente esemplificati e sintetizzati da Erasmo da Rotterdam in un idealtipo descritto nell’Elogio della follia , capitolo , di cui mi limito a riportare uno dei passi meno irriguardosi:

…nessuno è più stolto di coloro nei quali ardono le sacre fiamme della carità cristiana. Essi dilapidano tutti i loro averi, non si curano delle ingiurie, si lasciano imbrogliare, non distinguono tra amici e nemici, disdegnano il piacere, si nutrono di digiuni, veglie, pianti, fatiche, dolori; hanno a noia la vita e desiderano la morte…