Droga: equiparazione tra pesanti e leggere

Il corollario della riflessione precedente è che affrontando il problema della droga, se chi è incaricato o autorizzato a trovare soluzioni, come il legislatore,  trascura gli aspetti filosofici e si limita a considerare gli aspetti marginali, non può che proporre soluzioni di un falso problema, cioè soluzioni sbagliate.

Un modo incompleto di considerare il problema corrisponde a un argomento debole. Nel contesto legislativo attuale dire semplicemente che la droga fa male costituisce appunto un argomento debole. Dire che la droga fa male significa affermare che la droga, pesante o leggera che sia, appartiene al genere delle cose che fanno male, contro cui il legislatore sarebbe chiamato a legiferare. Ma se si accetta il principio che l’operato della legge è diretto verso l’interesse comune, a sua tutela e dunque contro il danno o male comune, e lascia a ciascun individuo la facoltà di stabilire quale sia il male individuale e i suoi rimedi, ecco che il problema viene in tale ottica a interessare il legislatore solo per la parte, o aspetto minore, che interessa la comunità, cioè, daccapo, le sue ricadute sull’ordine pubblico e i servizi sanitari.

Un argomento forte consiste invece nel considerare il problema nel suo aspetto completo e ciò si può fare enfatizzando la componente psicologica, cioè l’elevata e strutturale propensione dei giovani alla trasgressione, di cui ci si può convincere interpretando la storia o approfondendo altre discipline, ma ancor meglio facendo riferimento alla propria esperienza personale. Se si accetta il dato empirico di tale attitudine giovanile, si ha come effetto immediato che la distinzione tra droghe pesanti e leggere, affrancando da ogni risalto penale il consumo di queste ultime, comporta l’innalzamento di un’ideale, ma anche in buona misura prevedibile,  soglia di trasgressione, come diretta conseguenza della normalizzazione predetta. Il primo livello di trasgressione verrebbe in questo caso ad attestarsi in corrispondenza del consumo di droghe pesanti, che si presterebbe a sua volta ad essere normalizzato da una forma ancora da definirsi di più elevata trasgressione, dando vita ad un circolo vizioso o effetto moltiplicatore di problemi, il quale, se non è definibile nella sua fisionomia e nel suo sviluppo, almeno è immaginabile nella sua portata.

Siamo dunque di fronte al paradosso apparente che anche un aspetto non filosofico, ma tecnico del problema della droga (l’ordine pubblico) ha bisogno di ragionare in termini filosofici per selezionare le soluzioni migliori, tra le quali l’equiparazione delle droghe pesanti e leggere nel senso della restrizione appare in vantaggio rispetto alle altre. Infatti, scartando come soluzione la distinzione, per i motivi predetti, va scartata anche l’ipotesi della liberalizzazione totale, che se da un lato metterebbe in scacco tutta la distribuzione della droga, che se non erro, si avvale degli stessi canali per entrambi i generi di prodotto, dall’altro darebbe vita al fenomeno moltiplicatore, a sfondo psicologico, sopra descritto.