Percorso postnietzschiano

Il seguente iter appare un po’ meno ingenuo e forse più condivisibile se consideriamo la parola “uomo” come sinonimo di “intelligenza del cosmo”. Dopo la provocazione nietschiana della “morte di Dio”, l’ente supremo rinasce senz’altro come bisogno primario, di natura psicologica, ma l’unica opposizione che pare adeguatamente contrapporsi alla teoria della sua inesistenza sembra ormai essere affidata non alla metafisica, o alla teologia, bensì al fattuale tentativo di costruirlo mediante la scienza. Considerando il creato-creatore come dato di partenza evidente e indimostrabile, non occorre progettare un Dio onniscente. E’ sufficiente arrivare a un livello di conoscenze che non sia ulteriormente incrementabile. Allo stesso modo non occorre che sia ubiquo e onnipotente, ma che non sia ulteriormente espandibile o potenziabile. Non occorre neppure che offra all’uomo una risposta di significato definitiva; occorre invece che sia tale (almeno nelle intenzioni dei suoi creatori e nel progetto) da rimuovere tutti gli ostacoli (pratici, logici, empirici) a una indipendente ricerca di senso. Dal punto di vista dei requisiti deve quindi essere finito e commensurabile (in quanto figlio dell’esperienza), indistruttibile, eterno, uno, d’accordo con se stesso e presentarsi come la tappa ultima e insuperabile della volontà di potenza. Dal punto di vista della sua realizzazione, deve imporsi prepotentemente come obiettivo finale di un’attività coordinata di tutta la biosfera nell’universo. Già s’intuisce che una volta raggiunto tale traguardo (chissà dove, in che forma, tra miliardi di anni) non si potrà smentire facilmente l’impressione che sia stato proprio questo (un po’ terrificante) parto e discendente dell’uomo a commissionare la sua stessa creazione, cioè il suo passaggio da una forma implicita a una esplicita. Un altro sospetto è che la rimozione di tutti gli ostacoli pratici alla domanda-ricerca di senso renda superflua la domanda stessa, rivelandosi a posteriori come risposta. Per evitare fatali antagonismi intergalattici bisogna che il Signore dell’universo (o degli universi)sia uno, ma in grado di passare, all’occorrenza, dalla singolarità alla molteplicità, per rendersi ubiquo e governare i mondi. Se avete il gusto dell’orrido pensate a un megacervello biologico collegato a intelligenze artificiali, capace di produrre corpi biologici o artificiali subordinati dotati di autonomia e autocoscienza oppure di replicare se stesso…