Filosofia, territorio

Il territorio della filosofia – “regno” per i nostalgici – non è, per definizione, incolto, ma anzi costituisce l’archetipo metaforico del terreno coltivato. Il raccolto, prodotto da tale coltivazione, raramente arriva al consumatore finale (il presunto “ fruitore”) senza passare nelle mani di grossi intermediari (intellettuali) ed essere posto in vendita dopo varie manipolazioni attraverso i media (poco) o i giornali (un po’ di più).

Buona parte del prodotto, la più genuina, rimane agli addetti ai lavori, depositari di un particolare linguaggio e di altri strumenti di lavoro. Tale monopolio rende questi soggetti tendenzailmente autoreferenziali e di conseguenza autarchici.

Esistono poi vari tipi di soggetti in transito nel territorio, come chi vi si rivolge umilmente per attingere sapienza, chi vi entra selvaggiamente per far man bassa con l’animo dell’incusore, chi vi finisce per sbaglio e chi vi arriva da sentieri traversi, ma inevitabili, per avere fatto ragionamenti troppo sottili.

In ogni caso chi rivendica diritti di “proprietà” o di “residenza” deve mettersi in regola e trattare con gli indiscussi “padroni”, i filosofi di chiara fama, e con il loro archivio catastale (la storia della filosofia).