Piacere e vizio 4

Fuor di metafora il vizio si presenta come soddisfazione eccessiva di un bisogno vero, oppure come tentativo di soddisfazione di uno falso. Il vero bisogno (di ciò di cui non si può fare a meno) può essere soddisfatto in misura adeguata, scarsa, eccessiva. Le ultime due modalità di soddisfazione tolgono la felicità presente nell’individuo oppure non gli tolgono l’infelicità. Il falso bisogno (ciò  di cui si può anche fare a meno) può essere positivo, se la sua soddisfazione aumenta la felicità, oppure negativo, se la sua soddisfazione diminuisce la felicità, ossia,  per meglio dire, se il tentativo della sua soddisfazione è destinato a fallire. Un bisogno vero si può soddisfare oppure accantonare, mediante la rinuncia, ma la sua soddisfazione è solo rimandata nel tempo. L’attitudine alla rinuncia può essere naturale, oppure ottenuta con l’esercizio. Nel primo caso l’individuo appare, agli altri individui, incapace di grandi felicità, ma anche immune da grandi infelicità. Nel secondo caso l’individuo è dapprima (da quando decide di apprendere l’arte della rinuncia, oppure vi è costretto) più infelice, poi diventa simile all’individuo del primo caso (sobrio per natura. I giudizi sulla felicità altrui sono sempre inadeguati, perché la natura della felicità è psicologica e individuale. Molto più adeguato è il giudizio che l’individuo dà della propria felicità, perché può paragonare, mediante la memoria, i diversi stati d’animo, che l’hanno attraversato. Nessuno può dire, con pretesa di verità, che pochi bisogni soddisfatti danno più o meno felicità  di numerosi bisogni soddisfatti, perché la scelta della povertà o ricchezza dei bisogni  spetta al singolo. Infatti la situazione di allargamento dei bisogni, o di riduzione, o di conservazione dello stato attuale, può apparire legata alla necessità (emerge una costrizione dall’esterno) o alla volontà (si è convinti di avere una possibilità di scelta). Nel primo caso (costrizione) solo l’individuo può giudicare se è più o meno felice nella nuova situazione. Nel secondo caso (decisione) il cambiamento (aumento o riduzione) appare conseguente a un nuovo bisogno (di arricchire o di semplificare) nella direzione di una maggiore felicità, mentre la decisione di conservare lo stato attuale denota vecchi bisogni soddisfatti e nessun nuovo bisogno. Chi cerca novità, in realtà mira sempre a raggiungere una situazione in cui non abbia più bisogno di novità. Chi non cerca novità (non sente il bisogno di cambiamenti) o ritiene soddisfatti i suoi bisogni, oppure  diffida del bisogno stesso di novità, ritenendolo falso. Il falso bisogno negativo è sempre un vizio, cioè un eccesso di soddisfazione rispetto a un non-bisogno. Ma vizio è anche  soddisfazione eccessiva di bisogni veri (indispensabili alla vita e non indefinitamente dilazionabili) nella misura  e per le modalità che eccedono il limite ottimale. La soddisfazione ottimale si ottiene quando la pulsione o il desiderio scompare dalla mente (che ritengo, con Spinoza, inscindibile dal corpo) e appare un nuovo bisogno. Un falso bisogno positivo non serve a mantere la vita, ma ad aumentare la felicità (es.: cultura, buona musica, etc.). Diventa negativo se perde la sua funzione e nella misura in cui perde la sua funzione. Il falso bisogno negativo lascia intravvedere una speranza di felicità, che non si realizza. Da un’altro punto di vista, pur apparendo  come la manifestazione più immediata e spontanea della volontà, il bisogno negativo sembra identificarsi  con ciò che la rende schiava. Si tratta dunque di un concetto doppiamente contraddittorio che riflette una realtà doppiamente contraddittoria. Solo l’individuo, e non il suo prossimo, può riconoscere un proprio bisogno negativo, semplicemente dalla consapevolezza che, potendo, se ne libererebbe. Il falso bisogno positivo può essere accantonato facilmente, mentre quello negativo rende difficile o impossibile oltre che la propria soddifazione, anche la rinuncia ad essa.