Vitti ‘na crozza

Vitti ‘na crozza

 
Uscito fuor dalla fitta boscaglia
mi coricai su un monticel di paglia
senza togliermi l’armi nè il cimiero.
Legai a un albero il mio destriero.
 
Da quello spiazzo nel tramonto d’oro
si scorgevan le creste ed il pianoro.
Sognai suoni di liuto e di mandola,
voci di donne e profumo di viola,
 
ma brusco fu il risveglio e repentino
grida di guerra di primo mattino.
Come nuvole nere all’orizzonte
torme d’armigeri muovean dal monte
 
e contro ne venian dalla pianura
avvolti in nembi di polvere scura
ergendo fieri vessilli e stendardi.
Dissi a me stesso: non convien che tardi
 
e cercai di distingere le armi
per decidere da qual parte allearmi.
Quei del monte parean barbare genti
e seco avean famiglie, carri, armenti
 
male inquadrati, ma con grande ardire
il nemico eran pronti ad assalire.
Quelli del piano affrontavan la furia
bene disposti e divisi in centuria:
 
stava il carroccio al centro dei plotoni
e sui fianchi ordinate le legioni.
Ben udivo costoro gridar: morte!
Così scelsi di unirmi col più forte
 
montando, ma mi accorsi che ero in fallo
perchè rotta la fune avea il cavallo
lasciandomi pedone su quel campo.
Pensai al modo di trovare scampo:
 
quando si esercita il mestier di Marte
a nulla servon la penna e le carte,
ma molto giova nell’agir prontezza.
Strinsi la spada alle battaglie avvezza
 
e scesi in campo. L’usbergo pesante
mi fece intender la vita del fante,
dura assai per chi nacque cavaliere.
Feci segnali per farmi vedere
 
gridando forte ch’ero un alleato
pronto a pugnare ed a schierarmi e lato,
ma la turba era cieca, ottusa e sorda,
i cittadini come quei dell’orda.
 
Compresi allor che ,sia sciolta che in schiera,
la violenza ha un colore unico: è nera.
Vennero in cento come irosi cani,
impugnai l’elsa con ambo le mani.
 
Lo scudo in terra, dove, come gemma,
del mio casato risplendea lo stemma,
vide me dar fendenti senza posa.
Poi mi fu letto di morte gloriosa.
 
Mentre nel corpo mi ferian coarde
le punte infami di picche e alabarde,
l’anima usciva dal ferro e dal fango.
Or son come mi vedi e più non piango.